Anna Ravliuc presta bellezza redentrice a dure verità

Ispirandosi alle tradizioni pagane e alle leggende preistoriche, Anna Ravliuc, artista nata in Ucraina, ora residente in Romania, emerge come erede contemporanea di Gustave Moreau nei dipinti esposti alla Galleria Agora, 530 West 25th Street, dal 24 febbraio al 17 marzo (Ricevimento: giovedì 5 marzo, dalle 18:00 alle 20:00.)

Perché, come quel grande simbolista, Ravliuc possiede l'abilità di rendere convincenti le sue visioni più fantastiche. Insieme alla sua padronanza dell'anatomia, conferisce alle sue composizioni anche un notevole fascino tattile e cromatico in virtù di una tecnica speciale, che prevede l'applicazione di molteplici velature a olio e strati di vernice che poi raschia via in alcune zone, rivelando in certo modo la pittura di fondo che li impregna di grande profondità e dramma. Tali tocchi autodrammatizzanti come la rivelazione della sua nascita nella “Notte di Valpurga” (il Sabato delle streghe) riflettono anche l'atmosfera teatrale dei dipinti di Ravliuc, con le loro figure macabre e una tavolozza in bilico tra tinte scure e infuocate. Una delle sue figure ricorrenti, vista in varie pose e sembianze in molte delle sue tele, è una figura con la faccia di uno scheletro e il corpo di una persona vivente.

Nel dipinto intitolato con la frase "Non c'è verità sulla terra, ma non c'è nemmeno verità sopra", il personaggio macabro è visto seduto su un trono oscuro, forse meditando su questo cupo concetto. Un globo luminoso accanto a lui sul pavimento piastrellato a scacchiera in bianco e nero illumina le sue gambe nude, radiografando le ossa sotto la carne. Si potrebbe dire che questo potente dipinto presenti un contrappunto simbolico a un'altra dichiarazione provocatoria dell'artista: “Puoi facilmente imparare a indossare una maschera da clown o da re. Eppure la cosa più difficile è imparare a indossare la maschera del proprio viso, e farlo con orgoglio. Voglio essere Angelo e Demone, Bugia e Verità, Cuore e Sangue, ma qualunque cosa io prenda, più che mai voglio essere me stessa.

Infatti, quando Anna Ravliuc parla delle sue intenzioni artistiche lo fa in una sorta di poesia in prosa che getta una luce notevole sulla sua visione oscura. I cavalli, ad esempio, sono un altro motivo ricorrente, come si vede nell'ombroso destriero che domina la complessa e suggestiva scena notturna, "Il rapimento della luna", così come il profilo eroico del cavallo bianco dallo sguardo selvaggio contrapposto a un'area viscerale rosso in un altro dipinto intitolato "In My End is My Beginning".

Raccontando un episodio della sua infanzia, quando era così assorbita dal gioco da non rendersi conto che una carrozza con cavalli in fuga le stava addosso finché non ne sentì il respiro, conclude: “I cavalli si sono fermati proprio davanti a me, da soli ¬¬ non c'era nessuno nella carrozza... Da allora ho un rapporto speciale con i cavalli. Li amo e mi fido di loro…”

Ancora un altro dipinto di un inquietante teschio equino, riflette in modo commovente il termine francese per natura morta, "nature morte", e sembra sottolineare che dobbiamo essere tutti coraggiosi di fronte alla consapevolezza che il tempo ci priverà tutti di tutto ciò amiamo. Ma Anna Ravliuc deve essere perdonata per questo duro ricordo, dal momento che i suoi dipinti sono in possesso di quella che William Butler Yeats una volta definì "una terribile bellezza".

Peter Wiley

Crediti immagine: Superare l'istinto, olio e acrilico su tela, 46" x 35"

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