Sull'incontro con i misteriosi simboli primordiali di Marie Gailland
Il lavoro dell'artista francese Marie Gailland è piena di sorprese, per la sua capacità di coniugare l'energia gestuale del neoespressionismo con soggetti inaspettati come quelli dei talenti più fantasiosi tra i pittori della New Image School emersi negli anni '80. Ciò che distingue Gailland da entrambi i gruppi, tuttavia, è il suo obiettivo dichiarato di "combinare lo spirituale e il sensuale", con sfumature blu che rappresentano il primo e rossi il secondo. Si ha la sensazione che le forme nei suoi dipinti debbano arrivare intuitivamente, poiché nulla nelle sue composizioni appare calcolato per l'effetto. Piuttosto, le sue immagini sembrano nate dal subconscio durante l'atto di dipingere. In effetti, confrontandosi con le composizioni audaci, quasi primitivamente potenti di Gailland in acrilico o con tecniche miste su tela, lo spettatore ha difficoltà a determinare cosa è venuto prima, immagine o gesto. Un esempio lampante è il suo acrilico su tela "Lapin et Violette", in cui una creatura dalle lunghe orecchie che ricorda un coniglio selvatico unico, delineato da ampie pennellate nere, scruta quasi colpevolmente oltre la sua spalla come se fosse sorpresa mentre si prepara a divorare un ruvido spazzolato -in fiore viola. È un'immagine misteriosa, oscura ma evocativa di un'emozione, piuttosto che di una creatura specifica, come se l'artista cercasse di aprire un canale psichico sommerso tra se stessa e lo spettatore. Infatti Gailland ha confessato di avere "un'empatia quasi simbiotica per gli animali" e aggiunge di sentire "l'intera natura come un grande corpo a cui appartiene organicamente". In un'altra grande opera in acrilico su tela, "Animal, 1", una creatura magra, nera, semplificata con rivoli di liquido blu e rosa che gocciolano dal suo ventre –– quasi l'equivalente a quattro zampe di una figura stilizzata umana –– suggerisce un cucciolo di una specie indeterminata. È tagliato in modo che la punta del muso sia tagliata nell'angolo in alto a sinistra della tela altrimenti nuda, come se allattasse o cercasse una tettarella invisibile. In entrambi i casi, è un'immagine stranamente commovente di dipendenza impotente o desiderio bisognoso. I cavalli, anch'essi dipinti audacemente con un pigmento nero catrame che crea l'effetto staglia di fantasmi o ombre, sono tra gli animali più ricorrenti nelle composizioni di Gailland. In "Cheval aux Oreilles Rouges", un mitico destriero al galoppo con orecchie che suggeriscono fiamme arancioni è parzialmente oscurato da una spirale nera e gialla più precisa. E in "Cheval � la Coupe avec Fleurs", una figura equina domatrice guarda un vaso contenente due grandi fiori viola. In un'altra opera su tela a tecnica mista, intitolata "Po�me Sauvage � la Couronne Rouge", Gailland evoca una forma che ricorda uno stogie fluttuante, che sembra sfiorare una maschera simile a una maschera, per lo più disincarnata (tranne che per il suggerimento lineare di una mano e spalla spiovente) delicato viso bianco con la punta illuminata di rosso. Invischiato in una massa vigorosamente spazzolata di pigmento bianco che potrebbe suggerire una nuvola di fumo, questo viso simile a una maschera indossa un'espressione serena. Si potrebbe pensare alla famosa battuta marxiana di Groucho di Freud "A volte un sigaro è solo un sigaro". Tuttavia, sembrerebbe non meno frivolo aggiungere significati troppo ovvi ai simboli nei dipinti di Marie Gailland che a quelli nelle opere mature di Philip Guston. Vale a dire: Gailland, come quell'artista più anziano, che ha voltato le spalle a una carriera consolidata come stimato espressionista astratto per perseguire immagini simili a cartoni animati nel profondo del suo subconscio, sta creando immagini con una forza primordiale che è impossibile ignorare. Né si vorrebbe farlo, dato il piacere che i suoi dipinti offrono per i loro attributi puramente estetici, così come per il loro soggetto intrigante. –– Maurice Taplinger Marie Gailland, Galleria Agora, 530 West 25th Street, fino al 17 aprile 2014 Ricevimento: giovedì 3 aprile, dalle 18 alle 20